“Vite che Tornano”

"Vite che tornano"

«Vi rivelerò un segreto: non siamo stati sempre gatti. Siamo in procinto di rivivere un’esistenza vissuta con altre sembianze. Non chiedetemi perché lo so. È così e basta».

Cosa accadrebbe se i gatti possedessero davvero nove vite e fossero in grado di raccontarle? In un’altra epoca, Basileia, Olaf e Trixy sono stati degli esseri umani: se ne ricordano in una silenziosa giornata autunnale, quando vengono come sopraffatti da una visione… Venezia, 1907: Anita, una bambina di soli nove anni, spinge la sedia a rotelle della madre paralitica. Fa caldo; lei è sfinita, ma sa che non deve lamentarsi. La scena si estende sul povero quartiere della Giudecca, un luogo in cui «il necessario non era mai abbastanza». Qui, tra i discorsi delle comari e il vociare dei pescatori, Anita impara la vita ma non l’amore. Coraggiosa e ostinata, sopravvive alle due guerre, ai pregiudizi e ai drammi domestici; ma non è un’eroina. Nessuno lo è in questo romanzo. Starle accanto è difficile; eppure c’è chi non si accontenterà di una sola esistenza per farlo… Da Venezia a Firenze, dal deserto africano alle isole delle Hawaii, Vite che tornano racconta una movimentata vicenda familiare, scaturita da un bagliore di magia; un avvincente romanzo storico che ha per cornice una favola moderna.

Il libro lo trovate sul sito: sampognaroepupi.com/libri/vite-che-tornano

Tutto ha inizio all’alba di una giornata d’ottobre…quattro gatti dormono pacifici attorno alla stufa che, ormai spenta, emana ancora un fievole calore. I padroni li hanno lasciati soli per tre giorni ma Basileia, Olaf, Trixy e Mirtillo – questi i loro nomi – non si annoieranno nell’attesa perché…

[…] Basileia, adesso, sapeva cosa stava per accaderle; così la paura lasciò il posto alla curiosità. Avvertì distintamente come il venir meno dell’identità di gatto fosse finalizzato all’ingresso di una nuova individualità e fu certa che la facezia tipicamente umana delle nove vite di un gatto non fosse una fola: sì, aveva vissuto altre vite con altre sembianze e, in quel momento, ne avrebbe rivissuta una. Facendo appello alla memoria delle prime – quante non avrebbe saputo dire – non le restavano che vaghe immagini dai colori sfocati segno che il traguardo (ma quale?) era stato raggiunto. Era sola allora, senza compagni, non come ora. Intuì che adesso non sarebbe stata una semplice rimembranza, un percorso a ritroso del tutto individuale, bensì, un confronto. Più protagonisti si sarebbero avvicendati, e le loro voci – forse avrebbe dovuto chiamarle anime? – si sarebbero sovrapposte le une alle altre. Fu certa che i gatti Olaf e Trixy sarebbero stati suoi compagni di viaggio. Evidentemente quella vita che stava per rivivere non si era del tutto compiuta; ancora irrisolta nel fine (ma rispetto a cosa?), doveva essere rimasta imbrigliata nell’ambiguità di gesti e di sentimenti inespressi di cui ora si esigeva chiarezza. Sospirò alzando il muso e, ancora una volta, cercò di miagolare senza risultato. In quel momento entrarono nella camera Olaf e Trixy, ma anche per loro la gioia di poter condividere il letto senza timore di essere repentinamente allontanati durò solo qualche istante. Si fermarono sulla soglia perplessi, avvertendo che qualcosa stava accadendo ma – ben più giovani di Basileia – non riuscirono a spiegarsi in cosa potesse consistere. Una sensazione di attesa incombente, una leggera nebbia – più un velo di infinitamente piccoli corpuscoli dorati – li avvolse; si guardarono, le code ritte, aspettando. Udivano appena provenire dal piano sottostante i tentativi di Mirtillo di aprire le porte, a stento giungevano loro i suoi miagolii rabbiosi. Un uccellino sul davanzale della finestra si mise a cinguettare; ma fu un attimo… Anche questo suono divenne così flebile da scomparire completamente; e i tre gatti restarono nel più assoluto silenzio. Li univa solo quel legame telepatico che stava insorgendo sempre più forte.

«Vi rivelerò un segreto: non siamo stati sempre gatti﮳ Siamo in procinto di rivivere un’esistenza vissuta con altre sembianze﮳ Non chiedetemi perché lo so﮳ È così e basta».

«Ma che dice?» Trixy guardò Olaf e poi ancora Basi «non ti capiamo!».

[…]

«Che aspettate? Salite sul letto!» li incitò malamente la gatta anziana﮳

«Oh, va beh, salgo» Trixy e Olaf balzarono all’unisono sul letto, andando ad accovacciarsi, uno accanto all’altro, sull’estremità più lontana﮳ Basileia sbuffò, condiscendente. Se un passato stava tornando, ebbene, lo avrebbe affrontato. Nella sua mente iniziarono a comporsi immagini, figure, luoghi: era come se forme indistinte e confuse scaturissero da un enorme calderone; lei ebbe paura di esserne travolta e di non essere in grado di dar loro un ordine. Ma fu un attimo: ben presto si accorse che non spettava a lei dare senso a quel tutto; infatti più si avvicendavano immagini e fatti, più si componeva la narrazione; e lei fu certa che questo fluire non le avrebbe richiesto alcuna fatica. Tra i suoi pensieri si disegnò un volto, quello di una bimba accaldata che spingeva faticosamente una carrozzella su per i molti gradini di un ponte a Venezia﮳

«Inizio io a raccontare. Sono io la protagonista di questa vita, quindi la trama sarà la mia». Basi lo annunciò con determinazione.

«Inizia a raccontare; ti ascoltiamo»﮳

Venezia, La Giudecca, maggio 1907

La sedia a rotelle procedeva a fatica sulla pavimentazione a lastre di pietra della calle…

[…].